Abstract
La compositrice sovietica Galina Ustvolskaya è uno degli esempi più liberi e singolari della generazione dei compositori sovietici del XX secolo. Nata durante la guerra civile russa, vive un grande sconvolgimento per tutta la vita sia politico che artistico. Spiritualità e religiosità costituiscono l’approccio estetico del suo modus d’artista.
Sebbene non sia stata perseguitata apertamente come molti suoi compagni musicisti, il suo percorso creativo è stato comunque pieno di resistenza.
Galina Ustvolskaya nasce nel 1919 a Pietrogrado (in seguito Leningrado, oggi San Pietroburgo) negli anni della Guerra civile russa (1917-1923) e della costituzione dell’URSS (Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche) avvenuta nel 1922.
Lei vive in un periodo storico tra il 1920 e il 1930 estremamente mutevole soprattutto per quanto riguarda il campo culturale.
Profilo storico
L’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) fu uno dei principali motori della storia del Novecento. Ha rappresentato, nel corso del XX secolo, il più complesso e radicale esperimento sociale, politico ed economico e fu una delle principali potenze dove la società subisce profondi cambiamenti.
Lenin e i bolscevichi dichiararono che esisteva un’alternativa ‘socialista’ all’organizzazione capitalistica e liberale della società, che allo Stato borghese se ne potesse sostituire uno proletario, all’economia capitalistica una pianificata, alle disuguaglianze l’egualitarismo.
Tuttavia, dopo la morte di Lenin avvenuta nel 1924 e dopo anni di tumulti politici, successe Stalin che prese il potere dal 1929 fino al 1953, anno della sua morte. Il totalitarismo, come risultato di una situazione politica complessa sia all’interno che all’esterno dell’URSS, presentava il controllo in campo culturale. Le varie organizzazioni tra cui quelle dei compositori e musicologi furono sostituite da un’unica associazione centralmente controllata denominata Unione dei Compositori Sovietici (USC), che aveva per obiettivo principale quello di preservare la dottrina estetica del realismo sociale.
Secondo il dogma sovietico, il focus della produzione culturale doveva essere rivolto al mercato di massa con gravi conseguenze per coloro che non volevano o non potevano produrre musica adatta a tale consumo.
I criteri si basavano su due concetti fondamentali: la dottrina del realismo sociale e la nuova etichetta di formalismo. L’attenzione doveva essere rivolta ai principi vittoriosi della realtà, verso tutto ciò che è eroico, luminoso e bello. Il realismo sociale richiedeva che tutti i mezzi artistici rappresentassero le lotte ed i trionfi del proletariato riflettendo così la vita e la società sovietica.
In ambito musicale i compositori dovevano abbandonare il progressismo occidentale a favore di melodie popolari e opere apertamente programmatiche.
Diventa essenziale capire come questa realtà esterna abbia influenzato la produzione creativa di Galina Ustvolskaya sebbene la sua produzione “spiritualmente ispirata” sia emersa soltanto più avanti nel corso della sua carriera.
L’infanzia di Galina Ustvolskaya
Galina Ustvolskaya vive la sua infanzia a Pietrogrado, al n. 11 di via Pirogova (ex via Maximilanovsky), con il padre Ivan Mikhailovich Ustvolskiy, un avvocato, la madre Ksenya Kornilevna Potapova, una insegnante e la sorella gemella Tatiana.
La madre proveniva da una famiglia nobile impoverita, il padre da membri eminenti della chiesa ortodossa orientale, un’ascendenza con cui si sarebbe chiaramente identificata nella sua arte compositiva.
Galina, già in tenera età, è affascinata dal mondo della musica. É cresciuta non lontano dal quartiere dei teatri e da subito ha assistito ad eventi ed esperienze musicali.
Da piccola, i suoi genitori la portarono a vedere l’opera Eugene Onegin di Čaikovskij. L’orchestra l’ha impressionò così tanto che lei piangendo disse: «Voglio essere un’orchestra». Nonostante la sua famiglia non fosse immune da difficoltà finanziarie, l’istruzione di Galina è stata sempre una priorità.
Viene iscritta allo State Academic Music Kapella di Pietrogrado come violoncellista e lei racconta:
«Lo suonavo male e lo strumento era imperfetto: le corde si abbassavano, i perni cigolavano (perché non erano ingrassati) e dovevo riaccordarlo di continuo. Mi esercitavo con riluttanza ma quando suonavo, mio padre mezzo sordo (aveva perso l’udito a causa di una malattia) si sedeva vicino e ascoltava. Mi ha toccato profondamente».
Ricorda ancora che vivevano sempre in costante difficoltà economiche e, nei freddi inverni
«indossavo un vecchio cappotto di mio padre (che era troppo lungo per me) e la sua sciarpa, che regalai a un giovane amico. Mi piaceva fare regali, anche se non avevamo niente da spendere. Fin dall’infanzia, non tolleravo questo tipo di difficoltà».
Da giovane Galina era attratta dall’isolamento e dalla solitudine. In una rara intervista condotta dalla musicologa russa Olga Gladkova, ricorda come spesso abbandonava la scuola per esplorare in silenzio la natura. Aveva un’avversione per le situazioni di gruppo e preferiva svolgere le attività in modo indipendente.
«Alla dacia, tutti i bambini giocavano insieme ma io mi nascondevo da loro: sedevo nel profondo della foresta, vicino al lago, e disegnavo. Da bambina ero completamente incompresa e sono cresciuta da sola. Quando ero piccola volevo stare sotto il pianoforte per evitare di trovare i miei genitori. Poi, quando sono diventata adulta, i miei parenti non capivano la mia musica, non riuscivano a capire perché non scrivessi canzoni e guadagnassi un po’ di soldi».
La sua personalità introversa è continuata per gran parte della sua vita.
Gli studi accademici
Galina inizia la sua formazione musicale nel 1926 presso la Leningrad Choral College e poi presso la Professional School of Music, un college collegato al Conservatorio di Leningrado. Studiò lì dal 1939 al 1947, fatta eccezione durante la Guerra patriottica e il blocco di Leningrado durato circa 3 anni.
Nell’agosto del 1941, lei e altri membri del Conservatorio furono evacuati a Tashkent (attuale capitale dell’Uzbekistan) e nel 1943 lavorò nell’ospedale di Tikhvin, a 200 km da San Pietroburgo, come guardia con un fucile in mano. Ripeteva tutto il giorno il classico: «Alt! Chi va là?». Fu un’esperienza difficile.
I suoi studi furono molto ridotti in quel periodo ma solo dal 1944 ritorna alla formazione accademica ed è nella classe di Maximilian Steinberg e poi, nel 1947 in quella in quella di Dimitri Shostakovich. Di lui fu già allieva dal 1939 al 1940 ed era l’unica studentessa nella sua classe di composizione. Shostakovich. è stato il primo sostenitore della sua musica, accolse da subito i tratti stilistici che di lì a poco sarebbero diventati i caratteri distintivi della sua estetica. Gli studi post-laurea di Galina si conclusero bruscamente quando Shostakovich fu licenziato dal suo incarico di insegnante a causa di accuse di formalismo e lei venne assegnata nella classe di Viktor Voloshinov.
Tuttavia, nell’estate del 1945, secondo i professori del Conservatorio, Galina aveva già raggiunto la completa indipendenza di scrittura e Shostakovich scrisse di lei:
«Sono convinto che la musica di G. Ustvolskaya raggiungerà fama mondiale, apprezzata da tutti coloro che percepiscono la verità nella musica come di primaria importanza».
La professione
Galina nel 1947, divenne membro dell’Unione dei compositori sovietici e accetta l’incarico di insegnante presso il college associato al conservatorio, il Leningrad Rimsky-Korsakov College of Music dove insegnerà composizione per quasi 30 anni fino al febbraio del 1977.
Insegnava per “sussistenza” e non si considerava un mentore di particolare successo ma la composizione era la sua vera vocazione.
Analogamente a quanto accaduto alcuni anni prima al suo maestro, nel 1948 anche Galina viene pubblicamente accusata di formalismo. Per non vedersi sospendere dal suo incarico di insegnante, lei si adegua alle imposizioni del partito e scrive un’opera per basso e orchestra sinfonica Il sogno di Stephan Razin.
Basato su un racconto eroico, il poema inaugurò la stagione musicale dell’Orchestra Filarmonica di Leningrado nel 1949. A questa composizione, che le valse una nomina al Premio Stalin, seguirono una serie di lavori che, nonostante tenessero conto dello stile caro al partito sovietico, vennero comunque considerate troppo stravaganti e per questo poco eseguite.
Superato questo periodo di clima politico così asfissiante per qualsiasi forma di originalità, Galina rinnega tutti i lavori richiesti su commissione escludendoli definitivamente dal suo catalogo musicale.
Nel 1960 subisce la perdita improvvisa del suo compagno, il compositore Yuri Balkashin a soli 37 anni.
Ustvolskaya e Balkashin si conoscevano da molto tempo ma non si erano mai sposati.
Shostakovitch commenta questo fatto citando Desdemona in Otello:
«Non sono innamorato di te, ma della tua sofferenza», e aggiunge: «Quell’aspetto dostoevskiano del suo carattere domina tutta la sua esistenza e temo per ciò che le comporterà in futuro».
Negli anni successivi, nonostante le difficili circostanze finanziarie, Galina Ustvolskaya si dedica esclusivamente alla sua vera “creatività spirituale”.
Nel 1966 sposa Kostantin Bagrenin all’età di 47 anni lei e 24 anni lui che le fece da manager fino alla sua morte nel 2006.
Nel 2004 Galina riflette sulla sua vita e dice:
«Se mi avessero dato una seconda possibilità, non avrei cambiato nulla; sento di aver vissuto la mia vita in modo molto corretto».
Il riconoscimento per Galina arriva tardi, in gran parte grazie agli sforzi di Jürgen Köchel, direttore dell’Internationale Musikverlage Hans Sikorski, e del musicologo olandese Elmer Schönberger, che scopre la musica di Galina a Leningrado. Lì si impegnò a pubblicarla ed eseguirla nei principali festival di nuova musica dell’Occidente, in particolare nei Paesi Bassi, dove il direttore e pianista Reinbert de Leeuw eseguì diversi brani con la clamorosa approvazione di Galina. Successivamente, la sua musica venne eseguita in Occidente (ad Amsterdam, Vienna, Berna, Varsavia, Bastad, Parigi, ecc.), con la compositrice spesso presente. Galina Ustvolskaya muore a San Pietroburgo il 22 dicembre 2006.
Lo stile compositivo
Galina è una compositrice unica, diversa da qualsiasi altra; è estremamente espressiva, coraggiosa, austera e piena di tragico pathos ottenuto attraverso i più modesti mezzi espressivi. La sua musica si distingue per potenza intellettuale, mentre un intenso spiritualismo ne occupa il nucleo.
Sebbene attribuisce termini classici alle sue opere — sonata, concerto, sinfonia — essi non hanno alcun collegamento con le forme tradizionali dei loro omonimi. L’aspetto più coerente e riconoscibile dello stile di Galina è l’oscillazione tra l’estremo clamore di ffff e il quasi inudibile pppp.
La scelta degli strumenti per le sue composizioni è ingegnosa. Lei diceva:
«Scrivo solo quando sono in uno stato di grazia, dopodiché le mie composizioni vengono lasciate riposare affinché non arriva il tempo di affidarle alla loro libertà. Se ciò non avviene, le distruggo».
Nel selezionare la sua produzione, lascia un catalogo di soli 21 opere musicali composte a partire dalla metà degli anni ’40. Forse non si identificano come una produzione prolifica, ma sono sufficienti a confermare uno stile marcatamente definito.
Galina non ha mai mostrato coinvolgimento per la storia, la politica o le questioni sociali. La sua arte era il suo unico interesse. Ed era più di una passione: il costante e intenso processo di composizione ha occupato tutti i suoi pensieri fino alla sua morte: La mia musica è la mia vita.
Le composizioni per flauto
Composition I
Composition II
Composition III.
A ciascuna composizione affida la potenza dei versi sacri: Dona nobis pacem, Dies Irae e Benedictus, qui venit.
COMPOSITION I
Dona Nobis Pacem (1970-71) per ottavino, tuba e pianoforte in tre movimenti
Prima mondiale il 18/12/1974 a Leningrado.
Gli esecutori: L. Suchov, ottavino; L. Klevzov tuba; Maria Karandashova pianoforte
Editore: Sikorski n. SIK 1911, Edizione originale: Muzyka 1976,
COMPOSITION II
Dies Irae (1972 – 1973) per 8 contrabbassi, percussione e pianoforte
Prima mondiale: 14/12/1977 a Leningrado
Gli esecutori: S. Akopov, V. Zabezhinsky, V. Karapetianz, O. Kirillov, B. Kozlov, V. Sobolev, N. Tchausov, A. Shilo, S. Sheikin, O. Malov
COMPOSITION III
Benedictus, Qui Venit (1975) per 4 flauti, 4 fagotti e pianoforte
Eseguito in prima mondiale il 14/12/1977 a leningrado
Gli esecutori: S. Dmitriev, E. Petrova, G. Stanaitis, L. Ugletskova, S. Bazhenov, I. Gofman, A. Luchinin, R. Melnichuk, O. Malov
Si tratta di tre brani strumentali composti nella prima metà degli anni ’70 con formazioni inconsuete: Composition I per flauto, tuba e pianoforte; Composition II per 8 contrabbassi, percussioni e pianoforte; Composition III per 4 flauti, 4 fagotti e pianoforte.
Spazio tridimensionale, natura trina di un tempo diviso tra passato, presente e futuro. Tre è soprattutto il numero sacro della Trinità che, come dalle icone di Andrei Rublev alle dottrine di Pavel Florensky, interseca il dogma, il culto e la sacralità dell’essenza russa. Principio, origine e fonte della vita la cui la Trinità è la manifestazione indivisibile.
Nonostante i titoli, lei afferma che
«questi pezzi sono pieni di spirito religioso e le esecuzioni sarebbero stati più efficaci se fossero state eseguite in una chiesa, senza alcuna introduzione o approfondimenti analitici». In realtà le loro prime esecuzioni si sono svolte in sale da concerto negli anni 1975 e 1977.
COMPOSITION I
Dona Nobis Pacem (Dona noi la pace) nella formazione strumentale: ottavino, tuba e pianoforte. Composta in tre tempi, è, con molta probabilità, una combinazione unica in tutta la storia della musica. Il clima sonoro è lacerato dagli estremi ed il pianoforte fornisce progressivamente una mediazione pacificatrice.
Il primo movimento è incredibilmente aggressivo, l’esposizione è affidata al solo della tuba in un ff graffiante che produce un’onda sonora tale da seguirla con apprensione. Il tempo è costruito da variazioni polifoniche su un motivo breve.
Il lavoro compositivo è rigoroso soprattutto nella parte del pianoforte le cui linee non sono affatto pure ed i cluster contengono spesso le note del breve motivo iniziale. La linea polifonica del pianoforte consiste solo di cluster ma, grazie alla brillantezza ritmica, riconosciamo comunque la linea tematica. In tutto questo il pianista si dimena con i pugni o con i palmi delle mani, la tuba stride e l’ottavino emette acuti lancinanti.
Il male e il caos regnano nel mondo e il compositore trova risorse musicali e linguistiche adeguate per esprimerli.
Nel secondo e terzo movimento Ustvolskaya va ancora oltre. Attraverso le sue ricerche musicali costringe l’ascoltatore a dimenticare la disarmonia delle forze strumentali. Si scopre che questa disarmonia è più immaginaria che reale. Un questo movimento i brevi motivi nervosi scompaiono e appaiono frasi melodiche più ampie ed il collegamento tematico con il primo movimento è preservato. La tuba, con i suoi possenti crescendi, gioca un ruolo centrale.
Un’ultima metamorfosi avviene nel terzo movimento. Un’atmosfera di preghiera sul Dona a noi la pace si colma in questo movimento. La compositrice crea con risorse minime un momento magico: affida solo tre armonie al pianoforte, la tuba è limitata al solo fa# grave ed una litania di 5 note è affidata all’ottavino nell’intervallo tra quarta diminuita e la terza maggiore.
Ustvolskaya rimane fedele a se stessa: nel terzo movimento non c’è una sola nota che non sia strettamente derivata dal tema del primo movimento ed è ricordato nel cristallino pianissimo dove regna l’armonia anche tra la tuba e l’ottavino. Davanti a Dio tutti sono uguali…
Dona nobis pacem è un grido di pace distorto dal dolore che, alla fine, diventa preghiera interiorizzata.
Galina Ustvolskaya
Composition No.1 Dona nobis pacem
Schönberg Ensemble. Performers: Reinbert de Leeuw / Galina Ustvolskaya. Composition No.1 Dona nobis pacem
Recording from the Ustvolskaya Festival (may, 2011)
COMPOSITION II
Dies Irae è per un ensemble di otto contrabbassi e pianoforte accompagnati da uno strumento a percussione molto particolare: un cubo di legno di truciolato che viene colpito con due martelli. La musica è continuamente interrogativa, assoluta e estrema. Il ritmo è parte integrante di una ricerca compositiva tesa nella direzione di un ideale di drastica essenzialità.
La compositrice sceglie per questa partitura ossature ripetitive e martellanti. Il suono risulta interrotto, ossessivo e petroso, a volte lancinante nella dissonante esplosione sonora.
Galina Ustvolskaya. Composition No.2 Dies Irae
Galina Ustvolskaya. Composition No.2 Dies Irae
Performers: Reinbert de Leeuw / Schönberg Ensemble
COMPOSITION III
Benedictus, Qui Venit (Beato colui che viene) per 4 flauti, 4 fagotti e pianoforte è il terzo brano che chiude la trilogia. É costruito su due strutture musicali: la prima è affidata ad un recitativo ostinato sulla nota Fa# del primo flauto che completa un’armonia cromatica del cluster di 3 note Mi-Fa-Sol affidata ai 3 flauti; la seconda è una linea armonica di fagotti, costituita essenzialmente da intervalli di seconda, e supportata occasionalmente dal pianoforte. Trasposte e invertite, queste due idee si alternano, si sovrappongono e si scambiano nei timbri.
La densità della musica si basa su escursioni dinamiche molto audaci, rinforzate dall’ostinazione dei cluster pianistici in contrappunto alle vibranti fasce sonore dei bassi e dei flauti. Quest’ultima opera del ciclo è statica nel carattere e lascia il pubblico a chiedersi se sia possibile raggiungere veramente la redenzione in questo atto finale della trilogia. La musica è spietatamente austera, fortemente individuale ma ha un forte impatto comunicativo. Dal punto di vista melodico, la fusione dei suoni che formano un cluster, è percepita come una forma arcaica di unisono acuto, la cui fonte è nella trama corale del tema.
La frequente giustapposizione dei due blocchi e degli strati timbrici evidenzia la natura corale dell’opera, quindi, sia in termini di costruzione che di contenuto emotivo, il brano è indubbiamente una preghiera.
L’ultimo passaggio del tema è posto sui flauti in un registro molto acuto: fragile, senza peso, come se si dissolvesse gradualmente nel silenzio. L’appello a Dio richiede una concentrazione così estrema che dopo di esso la coscienza oltrepassa la linea dell’esistenza: segue una graduale “smaterializzazione” del tessuto, fino alla sua completa dissoluzione.
Galina Ustvolskaya. Composition No.3 Benedictus, qui venit
William Stephenson – piano
Karen Jones – flute
Lynda Coffin – flute
Helen Keen – flute
Kathleen Stevenson – flute
Robin O’Neill – bassoon
Catherine Antcliffe – bassoon
Gareth Newman – bassoon
Gavin McNaughton – bassoon
Conductor: Mark Stephenson
Galina Ustvolskaya. Composition No.3 Benedictus, qui venit
Recording from the Ustvolskaya Festival (May, 2011)
BIBLIOGRAFIA
- Patricia Adkins Chiti. Donne in Musica. Roma: Armando Editore, 1996;
- Vilma Campitelli. Compendium Musicae Flauta, Barcellona P.G.: Smasher edizioni, 2018.
- Julie Anne Sadie e Rhian Samuel. Il Dizionario Norton/Grove di Compositori di Donne. Nuova York: W.W. Norton, 1994.
- https://ustvolskaya.org/eng/ (ultima consultazione il 15/11/2024)
- https://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/galina-ivanovna-ustvolskaja (ultima consultazione il 15/11/2024)
- https://interlude.hk/composer-galina-ustvolskaya-the-shostakovich-trained-iconoclast/ (ultima consultazione il 15/11/2024)
Vilma Campitelli
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VILMA CAMPITELLI, flautista, nata a Lanciano (CH) ha seguito gli studi musicali presso il Conservatorio di Pescara, presso la Hochschule di Winterthur (Svizzera) e laureata in “Discipline Musicali” presso il Conservatorio di Campobasso con votaz.”110 e lode con menzione”
Vanta nel suo curriculum concerti sia da solista che in formazioni cameristiche tenendo esecuzioni in paesi Europei, Asiatici ed Americani riscuotendo unanime successo di pubblico e di critica.
Ha inciso per la Edipan (Roma), Luna Rossa Classic (Lecce), Fabrik Music (Francia), effettuato registrazioni radio-televisive per diversi programmi RAI e collaborazioni artistiche in campo teatrale.
Scelta dalla Fondazione Adkins Chiti Donne in Musica (Fiuggi-Italia), ha svolto da “studiosa-residente” il progetto europeo WIMUST finalizzato a promuovere la musica e talenti, il repertorio e le strategie per la piena attuazione della risoluzione 2009 dell’UE per le pari opportunità in ogni Stato membro. Nel 2018 interamente sotto la sua cura, è stato pubblicato il volume Compendium Musicae Flauta (ed. Smasher), la prima opera universale sul repertorio flautistico scritto da compositrici. Ha inoltre pubblicato articoli su biografie di compositrici e ricerche in campo della musica esperienziale.
Attualmente è docente di flauto presso il Conservatorio “U. Giordano” di Musica di Foggia, sez. di Rodi Garganico, Italia