Abstract
Marcela Agudelo è una delle personalità più importanti e rispettate della composizione musicale messicana con un corpus di opere eterogeneo che spazia da brani per strumenti solisti a quelli per orchestra sinfonica. Si è dedicata alla pedagogia, all’educazione e alla diffusione della musica includendo attività organizzative, radiofoniche, didattiche, accademiche, editoriali e parlamentari a livello internazionale. Compositrice di grande talento e visione innovativa, sviluppò uno stile d’avanguardia arricchito da una prospettiva personale passando dall’idealizzazione dell’elemento indigeno ad un linguaggio musicale libero ed eclettico.
Il panorama musicale messicano del XX secolo si sviluppa in un contesto di profonde trasformazioni politiche, sociali e culturali. Dopo la rivoluzione del 1910, il Messico attraversa un periodo di costruzione identitaria che coinvolge tutte le arti: si cerca una “voce nazionale” capace di esprimere la pluralità del Paese, il suo patrimonio indigeno, e l’apertura verso la modernità. In questo scenario la musica assume un ruolo fondamentale divenendo veicolo di educazione, coesione di una nuova estetica nazionale. Negli anni Venti e Trenta emergono figure chiave come Carlos Cháveze Silvestre Revueltas, che coniugano elementi del folclore messicano con linguaggi colti europei e influenze moderniste.
A partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, con la diffusione delle avanguardie europee e la maggiore disponibilità di mezzi di comunicazione, si assiste a un progressivo rinnovamento linguistico. Molti compositori introducono nella musica messicana l’uso della serialità, dell’aleatorietà e dell’elettronica aprendo un dialogo fecondo tra tradizione e sperimentazione.
All’interno di questo processo, il ruolo delle donne compositrici assume un’importanza crescente ma tardivamente riconosciuta. Fino agli anni Settanta, la presenza femminile nella composizione era marginale, ostacolata da pregiudizi culturali e da limitate opportunità di formazione e diffusione. Tuttavia, proprio in quegli anni cominciano ad affermarsi figure di rilievo come Alicia Urreta, Marcela Rodríguez, Alicia Terzian (in ambito latinoamericano) e, soprattutto, Graciela Agudelo. Queste compositrici non solo rompono barriere di genere, ma contribuiscono a ridefinire la sensibilità estetica della musica messicana introducendo nuovi linguaggi, temi identitari, e un profondo interesse per la relazione tra suono e cultura.
Graciela Agudelo si colloca al crocevia di queste esperienze: formatasi in un ambiente musicale in fermento, la sua produzione unisce la ricerca timbrica e formale dell’avanguardia con un’intensa riflessione sull’identità latinoamericana e sul ruolo sociale della musica. La sua figura diventa così emblematica di una generazione di donne che, attraverso la composizione, hanno ridefinito il significato stesso di “musica messicana contemporanea”.
Infanzia e giovinezza
Gaciela Josephina Eugenia Agudelo y Murguìa nasce a Città del Messico (Messico) il 7 dicembre 1945. Sua madre era una pianista e suo padre, Guillermo Agudelo Valencia, un poeta. Graciela cresce all’interno di un ambiente creativo dove l’arte si respirava in modo naturale.
Già da piccola lei mostra attenzione insolita per i suoni. Si racconta che, mentre gli altri bambini si divertivano a rincorrersi nel cortile, lei si fermasse ad ascoltare il sibilo del vento o il rintocco lontano di una campana come se cercasse in ogni rumore una melodia nascosta. All’età di sei anni inizia le prime lezioni di pianoforte con la madre ma bastarono pochi incontri perché lei capisse che la bambina non stava “giocando” con la musica: la stava già scegliendo per il futuro. All’occhio dell’adulto sembrava tutto un divertimento, ma Graciela prese la musica con una serietà sorprendente.
A nove anni viene ammessa a frequentare la Escuela Nacional de Música dell’Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), dove trova nella professoressa Leonor Boesch de Díez una guida e un faro. Leonor era pianista, compositrice, didatta, una donna energica capace di accendere entusiasmo nei suoi allievi. Attraverso di lei, Graciela intuisce presto che la musica non è solo tecnica ma è soprattutto interazione. Non le bastava suonare un brano: cercava con le parole cosa voleva dire la musica e desiderava che tutti la potessero comprendere.
In Graciela la vocazione pedagogica nasce insieme a quella musicale, come due fili intrecciati nello stesso tessuto. Eppure, come ogni vera passione, la sua si scontrava con i limiti della realtà. Quando si sedeva al pianoforte, le gambe non toccavano terra e le sue mani, ancora troppo piccole, faticavano a raggiungere le ottave. Lei voleva suonare brani al di sopra delle sue possibilità fisiche ma la maestra Leonor sorrideva e la incoraggiava dicendo “Non arrivi all’ottava, piccola Graciela, ma ci arriverai col cuore”.
A casa, i genitori le costruirono una tastiera di cartone, ridotta in scala, perché potesse esercitarsi e suonare senza ferirsi le dita. Quella fragile tastiera, semplice e povera, divenne per Graciela un simbolo importante e la conservò per tutta la vita. “La musica non nasce dal lusso, ma dal desiderio”, così lei spesso ricordava nei suoi discorsi. In quel pezzo di cartone, nelle mani minuscole che sfioravano tasti invisibili, segnava l’inizio di un percorso che l’avrebbe portata lontano. C’era già il seme di un destino: la convinzione che “la musica non appartiene a chi possiede uno strumento, ma a chi ascolta il proprio silenzio” così spesso Graciela ripeteva. C’era la fede nel potere creativo dell’immaginazione, la certezza che “anche un oggetto umile può contenere l’infinito se abitato dal desiderio”. Così, tra il rumore della città ed i sogni della bambina, nasce quella musicista, quella maestra che ha segnato la storia della musica del Messico. Graciela non imparò soltanto a suonare: imparò a trasformare ogni limite in possibilità. Da quella tastiera di cartone germogliò un pensiero musicale libero, curioso e profondamente umano e nel 1960 consegue la laurea in pianoforte presso la Scuola Nazionale di Musica dell’UNAM.
Gli studi accademici
Negli anni ’70, quando Graciela aveva circa 25 anni, entra nel prestigioso “Taller de Creación Musical” al Conservatorio Nacional de Música e segue gli insegnamenti di importanti compositori quali Héctor Quintanar, Mario Lavista, entrambi maestri di una generazione che cercava di costruire un linguaggio nuovo per l’America Latina.
Sotto la loro guida, lei impara a esplorare i suoni oltre la tradizione tonale, a sperimentare i vari timbri e a considerare la musica come materia viva in continua trasformazione.
Nonostante questo inizio relativamente tardivo, nel volume delle “Actas del III Coloquio de Ibermúsicas” si legge che lei, interrompe gli studi per essersi sposata e dedicata alla maternità. Graciela, nel nuovo percorso musicale, sviluppa rapidamente una tecnica personalissima e da subito inizia a scrivere opere solistiche, da camera e orchestrali in uno stile d’avanguardia ravvivato da un approccio individualistico.
Quegli anni furono per lei una rivelazione: il momento in cui il rigore della tecnica si fonde con la sua musica che da sempre sentiva dentro.
Le prime opere risalgono proprio a questo periodo: i Siete estudios para piano (1971), il Cuarteto de cuerdas (1973), Mirage per violino, clarinetto, violoncello e fagotto (1976) e diversi brani cameristici nei quali l’autrice cercava un equilibrio fra struttura e libertà, fra disciplina e intuizione. Non amava le etichette: per lei la musica non era né “colta” né “popolare”, ma semplicemente “una forma di comunicazione profonda”. Diceva spesso che “la tecnica deve servire alla libertà, non al controllo”, una frase che riassume bene il suo pensiero artistico.

Attività professionale
Negli anni Novanta e Duemila, Graciela consolida la sua reputazione come una delle figure più influenti della musica messicana. Nel 1992 ottiene una borsa di studio internazionale per la frequenza all’Internationales Musikinstitut di Darmstadt, in Germania. Lì compone alcune delle sue opere più importanti come Songs from the Edge (1992), per mezzosoprano, flauto, violoncello, percussioni e pianoforte su testo di Graciela Agudelo; Sinfonietta (1994) per orchestra d’archi, etc.
Si racconta che, in questo mondo pieno di esperimenti, elettronica e astrattezza, un giovane compositore tedesco le chiese ironicamente:
“Perché nelle tue partiture ci sono tante pause?”
Lei rise accendendosi una sigaretta e rispose: “Perché il silenzio è il mio strumento principale. Ê la musica che non ha ancora deciso che nota essere.”
Da quel momento, il silenzio divenne il filo conduttore della sua ricerca. Lo cercava ovunque: nelle pause di un respiro, nel fruscio di una pagina, nel rumore della pioggia.
Nel 1996, insieme al flautista Alejandro Escuer, è tra i fondatori dell’ONIX Ensamble, gruppo dedicato alla musica contemporanea per la promozione, la ricerca e la collaborazione tra artisti.
Graciela rimase sempre fedele al suo ideale di musica “viva”, radicata nell’esperienza. Anche nei momenti di maggiore sperimentazione, non rinunciò mai alla dimensione emotiva del suono. Per lei la musica era “un atto di memoria”, un modo per raccontare ciò che non può essere detto con le parole.
Oggi, le nuove generazioni di musicisti messicani la ricordano non solo come compositrice, ma comeméntore. Le sue partiture continuano a essere studiate, i suoi metodi didattici applicati nelle scuole, e la sua voce, ferma ma dolce, risuona ancora nei corridoi delle istituzioni musicali che ha contribuito a fondare. In un’epoca di rumore e distrazione, Graciela ci ha insegnato che ascoltare è il primo passo per capire il mondo in cui viviamo.
Graciela Agudelo, si spense nel 2018, a 72 anni dopo una malattia. Ha lasciato in eredità un patrimonio prezioso di opere, scritti e testimonianze. Ha soprattutto trasmesso un esempio raro di coerenza e umanità: quello di un’artista che ha saputo trasformare la propria esistenza in un’unica, lunga partitura.
Un’anima pedagogica
L’impegno di Graciela Agudelo non si limita alla scrittura musicale. Ben presto si rese conto che in Messico mancavano spazi per avvicinare i bambini e i giovani alla musica in modo creativo. Da questa consapevolezza nasce il suo celebre “Método GAM de Iniciación Musical para Niños”, un approccio educativo basato sull’esperienza diretta del suono, sul gioco e sull’immaginazione. Per lei, l’educazione musicale non doveva servire solo a formare esecutori, maesseri umani sensibili, capaci di ascoltare.
Le sue lezioni non erano mai rigide: trasformava la teoria in esperienza, gli esercizi in dialoghi. Lei affermava che “i bambini non imparano la musica: la riscoprono, perché la musica abita già dentro di loro”.
Inventò anche la “Loterìa Musical”, una specie di tombola sonora. I bambini pescavano carte con note e simboli e poi li suonavano. Molti dei suoi allievi raccontano ancora oggi che non li faceva mai sedere in fila. preferiva che camminassero, che saltassero a ritmo, che “danzassero” la melodia prima di suonarla. “Bisogna fare amicizia con il suono”, ripeteva, “solo così la musica ti racconterà i suoi segreti”.
Graciela fu anche produttrice radiofonica per Radio UNAM, dove dal 1990 curò la serie “Hacia una nueva música”, dedicata alla diffusione del repertorio contemporaneo. In un’epoca in cui la musica d’avanguardia era considerata distante dal pubblico, lei la raccontava con parole semplici, con il tono di chi crede che ogni suono possa essere compreso, se spiegato con passione.
In rappresentanza nelle istituzioni internazionali
Nel Messico ancora dominato da figure maschili, Graciela fu una delle prime compositrici a conquistare un riconoscimento nazionale e internazionale. Partecipa a congressi, fonda associazioni culturali e dal 1998 al 2009 è stata presidente del Consejo Mexicano de la Música (CIM/UNESCO) e membro attivo del Consejo de la Música de las Tres Américas (COMTA/CIM) e consulente dell’UNESCO per lo sviluppo di dello studio sulla diversità musicale nella regione latinoamericana.
Nel 1999 ha prodotto programmi radiofonici come “Tribune Musicali” e “Musica del Nostro Tempo” dedicati alla promozione della world music contemporanea e tenuto conferenze sul suo lavoro e sull’educazione e la tutela della diversità musicale.
È stata membro del Consiglio Accademico Onorario del Master in “Creazione Musicale: Nuove Tecnologie e Arti Tradizionali” presso l’Università Nazionale di Tres Febrero di Buenos Aires e membro del Collegio Artistico dell’orchestra Sinfonica dello Stato di Michoacan (2005-2006). Ha lavorato come scrittrice e giornalista per diverse pubblicazioni nazionali e ha scritto libri sia di carattere educativo che letterario.
Nel 2002 riceve il premio “Xochipilli” (COMUARTE/INBA) come creatrice eccezionale nel campo della musica in Messico.
Ma ciò che la distingueva era la sua lucidità nel parlare della condizione femminile nell’arte. “La musica non ha genere”, diceva, “ma esiste un modo femminile di viverla: più intimo, più attento, più libero”.

La sua poetica nelle composizioni
Il tema delle donne nella composizione musicale non è estraneo a Graciela Agudelo. Autrice del saggio “Donne compositrici”, pubblicato sulla rivista Pauta (n. 257), mette in luce la ricca e spesso dimenticata partecipazione delle donne alla storia della musica universale.
Interessanti sono le opinioni espresse in merito alla presenza di elementi musicali specifici nella creazione musicale femminile:
“Credo nei nostri ormoni, che sono diversi e che intervengono anche nella composizione, perché se gli ormoni determinano per ogni sesso una voce diversa, una diversa peluria corporea, diverse patologie, una diversa partecipazione biologica alla creazione, una diversa anatomia e struttura ossea, una diversa sensibilità, ecc., non vedo perché, improvvisamente e miracolosamente, la loro presenza e attività dovrebbero essere inibite quando l’individuo inizia a comporre. Pertanto, credo in una differenza, ma che non è immediatamente palpabile e udibile…”.
A questo proposito, nell’intervista la stessa Graciela Agudelo, commenta ancora:
“…abbiamo un modo diverso di sentire, di percepire; semplicemente la nostra sensibilità e persino la nostra visione del mondo sono diverse. Quando esprimo un’idea che proviene dal pensiero filosofico, entra in gioco anche il fatto che siamo donne, insieme a una filosofia delle donne che ha le sue sfumature e differenze con la percezione degli uomini. Ho scritto come donna, e cosa nelle mie opere, indipendentemente dall’origine della loro ispirazione – estetica, filosofica o intellettualmente tecnica – ho catturato l’influenza del mio essere donna”.
Per Graciela Agudelo, esiste una percezione femminile della realtà, determinata biologicamente, che, sebbene non ovvia, si riflette anche nella sua creazione musicale. Ciò significa che per lei esiste un’estetica musicale femminile.
La sua poetica nasce spesso da esperienze personali. In un’intervista ricordò come una delle sue melodie più amate – una dolce ninna nanna – fosse nata una notte, mentre cullava le figlie. «Non l’ho mai scritta», disse sorridendo, «ma la ricordiamo ancora, io e loro». In quell’aneddoto si rivela il cuore della sua musica: una fusione di quotidianità e spiritualità, di amore e arte.
In Messico, la figura di Graciela è considerata l’unione fra generazioni: una donna che ha aperto spazi in un mondo ancora dominato da uomini, e che lo ha fatto con il sorriso, la tenacia e l’umorismo di chi credeva nella bellezza come atto di libertà.
Un amico flautista raccontò che, dopo un concerto in cui tutto era andato storto, Graciela gli disse:
“Non ti preoccupare. Anche il vento sbaglia direzione, ma continua a soffiare”.
Forse è proprio questa frase che riassume meglio la sua musica: un vento libero, imprevedibile, che soffia tra passato e futuro, tra suono e silenzio, portando con sé la voce unica di una delle più poetiche compositrici del Messico contemporaneo.
Le composizioni per flauto
Celebration del vino (1996) para flauta
Celebration del vino. Flute: Alejandro Escuer.
Seis Meditaciones sobre Abya Yala (1995) para flauta
Arabesco (1990)para dos flautas de pico
Arabesco for two recorders. Recorders: Horacio Franco
Gitanerìa, (1990) para dos flautas de pico
Variaciones (1967) para flauta, viola y piano
Sonatina para flauta, oboe, clarinete, corno y fagot
… Venìas de ayer: Fantasia Burlesque e Choral (1991)para flauta, oboe, clarinete, corno y fagot
Venias de ayer Fantasia-Coral for Wind Quintet
Flute: Asako Arai. Oboe: Carmen Thierry. Clarinet: Luis Humberto Ramos. Horn: Jon Gustely. Bassoon: David Ball
NebulariO para flauta, trombón, vibrafono, guitarra, piano;
Cantos desde el confin (1992) para Mezzo-soprano, flauta, chelo, percusiones y piano; texto de Graciela Agudelo.
Seis Meditaciones sobre Abya Yala per flauto solo
Meditations on Abya Yala for solo flute. 1 Adios; 3 Vision and 6. Tambor. Flute: Alejandro Escuer.
Le Seis Meditaciones sobre Abya Yala para flauta solo fu commissionata dall’Universidad Autónoma de Mexico (UNAM) e venne dedicata al flautista Alejandro Escuer che ne realizzò la prima esecuzione il 20 gennaio 1996. L’opera è composta in sei movimenti: I. Adiós, II. Curare, III. Visión, IV. Tacuabé, V. Guanacos, VI. Tambor. e sono ispirati ad elementi tematici risalenti al periodo pre-ispanico.
Abya-Yala, letteralmente significa “Terra di piena maturità”, è il nome aborigeno che gli indios “Cuna di Panama” usano per indicare il continente americano prima della colonizzazione europea.
È un richiamo forte alle radici e pone la musica non solo in un contesto compositivo/performativo ma anche in dialogo con la storia e la cultura indigena del continente. “Per comporre questa opera, sono rimasta una notte intera nel bosco di Valle de Bravo ascoltando il vento, la luna, gli insetti” disse in una intervista, “Scrissi le prime note con una torcia e un quaderno umido. Non volevo dimenticare il suono del buio.”
Graciela trasforma in musica la percezione dell’ascolto del silenzio, delle ombre, delle voci. Un viaggio sonoro che si sviluppa nell’ascolto profondo della natura e del proprio spazio interiore.
La scelta di affidare l’intera opera al “flauto solo” accentua l’intimità e al tempo stesso la sfida: il flauto diventa vibrazione, ritmo, soffio, eco, ricordi. Questa meta-procedura si accentua nella dimensione contemplativa che, pur esplorando tutti gli elementi tecnici e virtuosi nello strumento, non perde la sua componente evocativa e meditativa.
Ogni movimento della suite porta un titolo che ricorda qualcosa di specifico come ad es. un saluto, un rituale, una visione, una memoria, un paesaggio, il battito della terra. L’esecuzione di questo brano permette all’interprete di esplorare ambiti sonori diversi: dal canto all’introspezione, dal suono puro all’effetto percussivo, dal fischio ai suoni multifonici e timbri “non convenzionali”.
L’opera “Meditaciones sobre Abya-Yala” può essere letta come un ponte: da una parte c’è la prassi della musica contemporanea, dall’altra un richiamo alla memoria dei popoli originari delle Americhe.
In un’epoca in cui la musica contemporanea cerca sempre più riflessioni sulla ricerca identitaria, questa composizione appare tanto attuale quanto discreta: non ostenta nella forma, ma è densa nel significato.
BIBLIOGRAFIA
AA.VV. Musica y mujer en Iberoamérica: haciendo música desde la condición de género. Actas del III Coloquio de Ibermúsicas sobre investigación musical. Juan Pablo González editor, 2017
Leticia Araceli Armijo Torres: “Graciela Agudelo: una compositora del siglo XXI” Tesis Doctoral, Unoversitad Autonóma de Madrid 2007
Vilma Campitelli, Compendium Musicae Flauta, Barcellona P.G.: Smasher edizioni, 2018.
Clara MEIEROVICH: Mujeres en la creación musical de México. México. Cuadernos de Pauta – CONACULTA, 2001
Graciela Agudelo in https://colegiocompositores-la.org/graciela-agudelo/ (ultima consultazione 15/11/2025)
Vilma Campitelli
www.vilmacampitelli.it | Facebook
VILMA CAMPITELLI, flautista, nata a Lanciano (CH) ha seguito gli studi musicali presso il Conservatorio di Pescara, presso la Hochschule di Winterthur (Svizzera) e laureata in “Discipline Musicali” presso il Conservatorio di Campobasso con votaz.”110 e lode con menzione”
Vanta nel suo curriculum concerti sia da solista che in formazioni cameristiche tenendo esecuzioni in paesi Europei, Asiatici ed Americani riscuotendo unanime successo di pubblico e di critica.
Ha inciso per la Edipan (Roma), Luna Rossa Classic (Lecce), Fabrik Music (Francia), effettuato registrazioni radio-televisive per diversi programmi RAI e collaborazioni artistiche in campo teatrale.
Scelta dalla Fondazione Adkins Chiti Donne in Musica (Fiuggi-Italia), ha svolto da “studiosa-residente” il progetto europeo WIMUST finalizzato a promuovere la musica e talenti, il repertorio e le strategie per la piena attuazione della risoluzione 2009 dell’UE per le pari opportunità in ogni Stato membro. Nel 2018 interamente sotto la sua cura, è stato pubblicato il volume Compendium Musicae Flauta (ed. Smasher), la prima opera universale sul repertorio flautistico scritto da compositrici. Ha inoltre pubblicato articoli su biografie di compositrici e ricerche in campo della musica esperienziale.
Attualmente è docente di flauto presso il Conservatorio “U. Giordano” di Musica di Foggia, sez. di Rodi Garganico, Italia

