Un entusiasmo che dura da decenni
Come concertista di flauto, ho mantenuto un vivo entusiasmo per l’arte di Vincenzo De Michelis sin dal 1993. Nato a Roma nel 1825 e morto nella stessa città nel 1891, De Michelis non fu un concertista nomade come Giulio Briccialdi, Cesare Ciardi o Emanuele Krakamp, ma rimase sempre a Roma, dove svolse un’intensa attività musicale all’interno di importanti istituzioni come l’Accademia Filarmonica Romana, il Teatro Apollo Tor di Nona e la Congregazione di Santa Cecilia.
Una figura poliedrica nel panorama musicale romano
De Michelis fu un poliedrico concertista da salotto, compositore per dilettanti, insegnante privato di borghesi e amatori nella sua casa di Via della Fontanella Borghese. Gestì anche un piccolo commercio di spartiti e strumenti nel suo magazzino musicale in Piazza Madama 23. Per oltre vent’anni ricoprì il ruolo di Primo Flauto presso il Teatro Apollo, partecipando a prime rappresentazioni significative come Un Ballo in Maschera di Verdi (1859) e opere di Meyerbeer come Dinorah (1881), L’Africana (1873), Il Profeta (1875).
Inventò un sistema meccanico per flauto a lui intitolato, il “Sistema De Michelis”, e trascorse la vita in umiltà, evitando la ricerca della gloria, delle onorificenze e dei rischi della carriera teatrale itinerante.
Un repertorio affascinante e tutto da riscoprire
Nel 1993, al Teatro Ghione di Roma, eseguii in pubblico due dei suoi brani più rappresentativi della belle époque romana: la Polka da Concerto “Alla più bella!” Op. 67 e la Tirolese “Fiori delle Alpi” per flauto e pianoforte. Rimasi stregato da queste musiche così kitsch e démodé. Il concerto, trasmesso in diretta dalla Radio Vaticana, segnò l’uscita di De Michelis dal reparto dei “flautisti dimenticati”.
Nel 1996 pubblicai il catalogo completo delle opere di Vincenzo De Michelis (1), comprendente 102 brani da camera, in gran parte per flauto e pianoforte. Il repertorio riflette una forte passione per le fantasie su temi d’opera di Verdi, ma include anche Meyerbeer, Gounod, Weber. Vi si trovano morceaux de salon come la Preghiera di Stradella, brani per ensemble di tre e quattro flauti, danze da concerto come Schottish Op. 39, Mazurka “Il Trastullo” Op. 83, e la Romanza “Una triste rimembranza” Op. 93.
Il genio del “Preludio Monodico Onnitonico”
Tra le opere più straordinarie si distingue il Preludio Monodico Onnitonico Op. 91, un carosello per flauto solo scritto in tutte le tonalità, comprese le più scomode. Il brano è privo di indicazioni di tempo o metronomo, e include ogni possibile risorsa della tecnica flautistica ottocentesca: armonici, dinamiche estreme, effetti d’eco in stile Ciardi. Un assolo sorprendente, parossistico, narcisistico, della durata di trenta minuti ininterrotti. Lo pubblicai con l’Accademia Italiana del Flauto nel 1996 e lo eseguii dal vivo nel 1997 a Flautissimo, lasciando il pubblico sbigottito.
L’inizio di una riscoperta
De Michelis mi portò fortuna, e così continuai a ripubblicare le sue opere anche in forma economica con le Edizioni Berben di Ancona. Il suo flautismo continua a stupire: talvolta elegante e coloristico (Le Ondine Op. 147), talvolta antiaccademico (14 Lezioni Melodiche Op. 89). Quest’ultima è la prima opera italiana dell’Ottocento per principianti, con un accompagnamento pianistico raffinato e piacevole.
Nel 2001, seguii la laureanda Carmela Conidi dell’Università “La Sapienza” di Roma per la redazione di una tesi inedita su De Michelis. La studentessa reperì documenti d’archivio, lettere autografe, articoli di giornale e riviste musicali, offrendo per la prima volta un quadro chiaro e documentato della sua vita e attività.
Scoperte straordinarie e pubblicazioni moderne
Furono individuate opere manoscritte mai pubblicate (come pezzi per flauto in Mi bemolle e banda musicale), e si recuperarono un dagherrotipo e l’unico esemplare del Flauto Sistema De Michelis, oggi conservato al Museo degli Strumenti Musicali di Roma (ma non esposto). Grazie all’aiuto di Francesco Carreras, massimo esperto di organologia flautistica italiana, lo strumento fu descritto e fotografato.
La tesi della Conidi fu poi pubblicata nel volume Il Flauto in Italia (Roma, 2005) (4). L’opera di De Michelis cominciò così a essere apprezzata anche all’estero: il volume fu depositato in biblioteche internazionali, inclusa la Library of Congress. Altri revisori pubblicarono sue opere: Jean-Louis Beaumadier per Billaudot, Angelica Celeghin per Armelin, e io stesso proseguii con le Edizioni Da Vinci di Osaka. (5)
De Michelis nel XXI secolo
Nel 2024, l’etichetta IMD Music ha ristampato i miei concerti dal vivo del 1993 e del 2024, incluso il Trio scolastico Op. 164 per flauto, oboe, clarinetto e pianoforte (6). Inoltre, il giovane flautista lucano Raffaele Bifulco ha inciso due delle mie revisioni più recenti: la Fantasia su “Freischütz” Op. 36 e il Gran Solo Op. 73, opere virtuosistiche ora facilmente accessibili su tutte le piattaforme digitali. (7)
Una figura da rivalutare
Siamo così giunti alla conclusione. Pur non avendo mai viaggiato, Vincenzo De Michelis è oggi riscoperto e apprezzato dai flautisti di tutto il mondo. La sua musica, spesso antiaccademica, fantasiosa, leggera e briosa, conquista ancora per la sua originalità.
La moda musicale salottiera romana e italiana dell’Ottocento era sedotta dalla belle époque parigina. Dopo la presa di Porta Pia (1870), l’Italia unificata soppiantò il rigore dello Stato Pontificio e si aprì a una nuova cultura laica e borghese. Anche un “soffio di flauto” come quello di De Michelis poteva finalmente evocare non solo il sacro, ma anche la gioia di vivere e i piaceri terreni.
In fondo, la società evolveva con gli stornelli popolari romani, spesso anticlericali, cantati nelle osterie. Alla morte del Papa che rapì il piccolo Mortara, i socialisti volevano gettare la bara nel Tevere – fermati solo dai Carabinieri Reali. (8)
E allora sì, anche un bizzarro soffio di flauto alla De Michelis poteva ormai avere pieno diritto di cittadinanza nella nuova Roma post-pontificia.
Maurizio Bignardelli
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Diplomato presso il Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma nel 1980 sotto la guida di Giancarlo Graverini, si è perfezionato con Aurele Nicolet, Maxence Larrieu, Severino Gazzelloni.
Laureato presso l’Università degli Studi di Bologna (1985) con una tesi di laurea su “Emanuele Krakamp (1813-1883), ha prodotto saggi, articoli, pubblicazioni musicologiche per riviste internazionali e revisioni musicali di opere flautistiche italiane dell’ottocento per numerosi case editrici (Ut Orpheus , Zimmermann, Bèrben, Da Vinci).
Ha partecipato a convegni internazionali e, come professore d’orchestra, ha lavorato nelle Orchestre Sinfoniche della RAI, del Teatro dell’Opera di Roma, dell’Ente Lirico di Cagliari, dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Ha inciso 45 CD solistici e cameristici per note case discografiche,ottenendo premi dalla critica internazionale.
E’ docente di Flauto presso il Conservatorio “Respighi” di Latina.

