- La Parte 1 è stata pubblicata nella rivista dell’autunno 2024
- La seconda parte è stata pubblicata sulla rivista Winter 2025
- Parte terza: Dalla produzione del suono alla ricerca sul comportamento e sul ruolo dell’apparato vocale e respiratorio nel flauto traverso
Premessa
La flute: elle est comme une trasposition purifièe de la voix humaine
Il flauto è come una trasposizione purificata della voce umana
Citazione di George Duhamel da: Exercises journaliers pour la flute di Robert Herichè ed. Henry Lemoine

È stato uno scrittore e medico francese.
Martin Agricola nel suo trattato del 1528 “Musica instrumentalis” raccomandava per tutti gli strumenti a fiato un intenso studio del canto, scrivendo:
“Se vogliono comprendere ed imparare più di quelli inesperti nel cantare”.

Johann Joachim Quantz, grande flautista e compositore del 1700, nel suo trattato sul flauto traverso al Cap. IV relativo all’imboccatura, paragona lo strumento alla trachea e alla laringe dicendo: come un suono vocale alto o basso nasce da aperture o restringimenti vocali, così attraverso le labbra il flautista cambia le sue altezze tonali. Scrive:
“Il suono del flauto ha molte sembianze con la voce umana.”

Le tematiche sulla laringe, gola e corde vocali negli strumenti a fiato, le ritroviamo fino ai giorni nostri nella questione didattica inerente citazioni su gola aperta o chiusa nell’emissione del suono e nell’uso del vibrato. Tantissimi didatti e autori associano la tecnica del flauto a quella del canto, soprattutto nella produzione del vibrato. La questione “vibrato di gola o di diaframma”, ad esempio, trova le sue radici storiche a partire dalla fine del 1800 con Maximilian Schwedler (flautista) che nel suo libro “Flote und flotenspiel” pubblicato nel 1897, scrive a proposito:
“Uno strumentista a fiato o un cantante che vibrano lo fanno con un organo molto nobile e predisposto allo sviluppo di una piena bellezza sonora le ‘corde vocali”.
L’acquisizione del vibrato non è facile per lo strumentista a fiato,
“Io stesso” lui dice “ho notato più volte che ci sono strumentisti ai quali, a prescindere da tutte le altre qualità che posseggono, manca di acquisire un vibrato con le corde vocali. La compressione leggera, necessaria per produrre il vibrato delle corde vocali ed il necessario restringimento della glottide, creano sufficiente tensione per esercitare una pressione sulla colonna d’aria proveniente dai polmoni, comprimendola”.
Continua:
“…se così ci siamo resi conto degli elementi fisici necessari alla vibrazione del suono, dobbiamo domandarci come si impara il vibrato? La voce popolare sostiene che un cantante che esageri nella quantità della vibrazione ‘bela’ ed infatti la vibrazione del suono non è altro che un ‘belare’ non udibile eseguito su vocali E chiusa ed E aperta. Aggiunge:” Sul flauto i suoni più adatti al vibrato sono quelli dell’ottava media ed acuta che sono i più convenienti per gli esercizi preliminari dell’allievo”.

Dal 1963 al 1973 ad occuparsi della ricerca sul comportamento delle corde vocali nella produzione del vibrato sul flauto è il medico e flautista tedesco Jochen Gärtner in collaborazione di numerosi centri e strutture idonee allo scopo. Pubblica all’inizio degli anni ‘70 il trattato “The Vibrato”, ultimamente tradotto in Italia da Gian Luca e Ginevra Petrucci e pubblicato dalla casa editrice Vigor Music, giungendo alle seguenti conclusioni: il vibrato non nasce come si credeva finora dal diaframma, esso collabora solo indirettamente nella sua produzione. In ogni caso i muscoli della laringe, ossia quelli che compongono la glottide ovvero l’apertura limitata delle corde vocali, partecipano attivamente anche a basse frequenze nei cicli del vibrato.
Il vibrato laringeo ha l’ampiezza di frequenza maggiore rispetto a tutti gli altri tipi di vibrato. Possiamo considerare il vibrato, in linea generale, una variazione in frequenza, ampiezza e timbro del suono. Un’apertura e chiusura ritmica della glottide al variare delle pressioni aeree nel cavo orale, durante la produzione del suono crea queste variazioni. Nei suoi esperimenti utilizza elettrodi ad ago per misurare gli stati di contrazione dei possibili muscoli coinvolti: diaframma, parete addominale, torace, laringe. Registra i risultati con una stampante. Il tipo di analisi è detta elettromiografia. Possiamo considerare l’autore, il padre della ricerca sul comportamento delle corde vocali nelle tecniche del flauto e soprattutto nel vibrato.
Negli anni novanta le riviste per flauto, Syrinx in Italia e Tibia in Germania pubblicavano gli esperimenti di diversi ricercatori, tra cui anche le mie.
La loro analisi ci servirà per capire cosa si verifica precisamente nella bocca del flautista durante l’esecuzione al flauto, nelle diverse dinamiche tecniche che sono alla base del suo studio giornaliero.
Inizieremo a guardare cosa accade alle corde vocali dei flautisti, dando un’occhiata anche agli altri strumentisti a fiato ed in seguito ai cantanti, durante la produzione del suono e nell’esecuzione dei vari esercizi della tecnica di base.
Partiremo dalle ricerche condotte da due medici e un flautista giapponesi S. Mukay, S. Minegishi, C. Mukay, le loro ricerche risalgono alla fine degli anni ottanta e furono presentate al Symposium di Nizza.
L’osservazione dei movimenti vocali durante la produzione di vari esercizi e varie tipologie di strumenti a fiato (ancia, imboccatura libera, bocchino) avvenne attraverso l’uso del laringoscopio a fibre ottiche. Il laringoscopio, nello specifico, è un piccolo tubicino spesso solo 3 o 4 millimetri, che viene infilato nella laringe dalla cavità nasale (ovvero da una delle narici). Essendo munito di telecamera collegata al computer, il tubicino dà la possibilità di esplorare in modo preciso e approfondito la laringe e anche le aree ad essa contigue. Infatti, le fibre ottiche permettono di trasmettere le immagini al computer.

La laringe è un organo mobile molto complesso che si colloca al centro del collo, li si trovano le corde vocali che studieremo in maniera più approfondita nel corso del nostro manuale. Ci soffermeremo per ora alla loro osservazione, focalizzando l’attenzione su una zona precisa detta “Glottide”, da non confondere con il termine che usiamo per indicare le zone di restrizione negative dell’aria che utilizziamo per produrre il suono dal nostro flauto e dagli strumenti a fiato, ossia la gola.
La glottide è invece indicata in anatomia e fisiologia vocale come apertura limitata delle corde vocali.

È in questa zona che si riflettono gli attriti aerei tra l’aria dello strumentista che coopera con quella che reagisce all’interno dello strumento e le micro-variazioni della pressione atmosferica che si verificano tra il tubo del flauto e il suo esterno (vedi argomento di acustica nel compendio n. 1). Nella zona della glottide si riflettono, dunque, le energie aerodinamiche tali da poter far agire e reagire i muscoli vocali che le sostengono, al pari di una mano che sostiene un oggetto di un determinato peso.
Le variazioni di velocità del flusso aereo che passano dalla bocca attraverso le labbra e arrivano al flauto tra lo spigolo esterno della boccoletta e il suo interno, cooperano con la pressione atmosferica e si riflettono sui muscoli della glottide durante la produzione del suono nel flauto e negli strumenti a fiato.
Possiamo affermare che i movimenti della glottide di apertura o chiusura possono essere considerati come indice delle variazioni di velocità aeree in relazione alle altezze dei suoni emessi, ben sostenuti, mal sostenuti e non sostenuti tra apparato respiratorio, vocale e strumento; l’elemento determinate di questo connubio deve essere sempre considerata l’interazione tra il flusso aereo dello strumentista e le reazioni tra pressione atmosferica e l’aria perturbata all’interno del tubo del flauto stesso. La stessa cosa dicasi anche per gli altri strumenti a fiato.
I muscoli della glottide vanno collocati tra quelli che accompagnano sostenendo o appoggiando il flusso aereo proveniente dai polmoni negli atti di compressione tra l’aria presente dentro e fuori gli strumenti a fiato, nel connubio con la pressione atmosferica e modulate dagli stessi muscoli vocali, nonché labiali e costo- addominali.
Parte prima
Gli studi giapponesi
Intorno alla fine degli anni ottanta tre ricercatori giapponesi (un flautista e due medici) S. Mukay, S. Minegishi, C. Mukay, presentarono al Symposium di Nizza i risultati di alcune ricerche sul comportamento delle corde vocali nelle tecniche degli strumenti a fiato. La rivista che cito pubblicò diversi anni dopo i risultati della ricerca da loro condotta (cfr. Syrinx dell’A.I. F n. 8 Aprile – Giugno 1991 “La funzione della glottide nell’emissione del suono” di S. Mukay, S. Minegishi, C. Mukay), per glottide in campo di fisiologia umana si intende il grado di apertura delle corde vocali.
La ricerca giapponese basa l’analisi dei movimenti di apertura e chiusura delle corde vocali nelle differenze tra strumentisti a fiato dilettanti e professionisti, nell’esecuzione di diverse dinamiche esecutive.
I movimenti vocali, visti in esecuzione su strumenti a fiato, avvennero attraverso un laringoscopio a fibre ottiche.
La laringoscopia a fibre ottiche è un esame che viene eseguito facendo passare una sottile fibra ottica flessibile attraverso una narice del naso fino a raggiungere le corde vocali. I movimenti vocali vengono visualizzati direttamente su uno schermo.

Inspirazione ed espirazione: nell’inspirazione la glottide si apre, nell’espirazione tende a chiudersi leggermente.

Durante l’emissione del suono negli strumenti a fiato, si chiude in maniera maggiore rispetto all’atto espiratorio illustrato.
Emissione di suoni sul flauto tra registro grave, medio e acuto senza variazione di intensità del flusso aereo: nei suoni gravi la glottide risulta più aperta che nei suoni medi o acuti.

Se si opera sulle variazioni di intensità del flusso aereo non indirizzato a variare l’altezza dei suoni prodotti la glottide tende ad aprirsi, anche se un occhio attento vede delle tensioni diverse dei muscoli antero-posteriori in relazione alle variazioni dei toni emessi, a prescindere dell’intensità di emissione del flusso.
Nei principianti la glottide, in linea generale, è più aperta rispetto ai professionisti, il suono risulta meno sostenuto. Questo grado di apertura non va inteso a seguito di uno sforzo aerodinamico, come quello che può avvenire in una situazione anomala di variazione di intensità del flusso aereo emesso, ma va decodificato come scarso aumento di velocità aerea in relazione ai suoni da sostenere in un mancato supporto dei muscoli preposti alla collaborazione di tale funzione come: il diaframma, i muscoli intercostali, l’addome e i muscoli labiali.
Per suono sostenuto si deve intendere un tipo di suono che non generi la sensazione di poco energico e presente, a prescindere dalla sua intensità.
Vediamo ancora cosa accade:
Legato: la glottide tende a chiudersi, ma è molto difficile analizzare le differenze di apertura nelle singole note in relazione alla loro altezza tonale.
Staccato: nell’ambito di una scala lo staccato e lo staccato legato, vengono eseguiti con un avvicinamento costante delle corde vocali.
All’aumentare dell’altezza del suono, diminuisce l’escursione delle corde vocali fino a chiudere quasi completamente la glottide. Per glottide si indica, nella scienza medica, l’apertura limitata delle corde vocali.
Maggiori movimenti delle corde, durante l’esecuzione dello staccato, avvengono nella sua esecuzione fatta solo a colpi di aria, ovvero senza uso della lingua.
Possiamo affermare già da ora che il tipo di esercizio di staccato fatto solo con i colpi di aria è utilissimo a rendere i muscoli vocali reattivi ed elastici al minimo atto di compressione aerea negli strumenti a fiato. L’esercizio rende i muscoli vocali tonici al sostegno del suono. Il raggiungimento dell’elasticità muscolare vocale va considerato l’obiettivo principale da perseguire al fine di costruire un tipo di sonorità, un vibrato e uno staccato che richiami, nei suoni prodotti, la morbidezza e la leggiadria di una voce bene impostata.
Vibrato: il vibrato può essere definito come una modulazione pulsante, ritmica-legata del suono.
Il suono nella produzione del vibrato si modifica leggermente in altezza, intensità e timbro, dona al suono fermo espressività varia in relazione al numero dei cicli prodotti al secondo. Si insegna che il vibrato, negli strumenti a fiato, si ottiene con movimenti ritmici del diaframma che ne modula il numero di cicli; dalle osservazioni effettuate, risulta ottenuto da movimenti di chiusura e apertura delle corde vocali con tensioni anomale da parte dei muscoli costrittori della faringe per il vibrato cosiddetto di gola o a pecorella.
Quest’ultimo, ritmicamente non regolare, si produce con contrazioni anche da parte dei muscoli della deglutizione che incidono sul regolare andamento ciclico durante la sua produzione, generando blocchi tensivi anche sui muscoli della glottide. Invece, il vibrato ritmicamente regolare senza nessun tipo di richiamo al belato delle pecore, si ottiene tramite allontanamenti e avvicinamenti delle corde vocali rispetto alla loro posizione media, senza tensioni alcune di muscoli interni al cavo orale estranei a quelli vocali, ossia i costrittori della faringe. Un vibrato esclusivamente prodotto dal diaframma sarebbe tecnicamente impossibile da ottenere. Il diaframma opera solo durante l’inspirazione.
La fisiologia umana insegna che muscoli grandi sono portati a fare movimenti lenti e invece muscoli piccoli movimenti più veloci. Dalla mia esperienza di ricercatore affermo, in merito al vibrato negli strumenti a fiato, che esso è prodotto da variazioni di velocità aeree, le quali si susseguono in maniera regolare e ritmica nel tempo e si ripercuotono sui muscoli vocali che le sostengono. Le variazioni di velocità del flusso dell’aria dello strumentista modulate in cicli di pulsazioni aeree che si ripercuotono sulle corde vocali sono date, a mio avviso, dal connubio tra le tensioni che si generano tra tutti i muscoli coinvolti nella produzione del suono e la pressione atmosferica, in un gioco di equilibri aero-muscolari tali da produrre un vibrato che nasce, spesso dopo corrette esercitazioni, quasi in maniera naturale.
Tensioni che nascono per l’attrito che si genera tra l’aria che lo strumentista immette tra gli elementi definibili come interagenti alla produzione del suono (ance, bocchino, boccoletta), nella risposta della pressione atmosferica alle sue perturbazioni in relazione alla lunghezza variabile dei tubi sonori. Negli stimoli aerei sui muscoli vocali portati a reagire avviene il sostegno muscolare al vibrato “aereo”.
Il vibrato, dunque, avviene tra l’aria che lo strumentista immette negli strumenti e la reazione della pressione atmosferica tra lo strumento e il suo esterno, nell’apporto in tensione dei muscoli labiali, respiratori e vocali atti al suo sostegno nelle variazioni cicliche di intensità aerea, date sempre da un input che nasce comunque e sempre dal flusso e sul flusso aereo immesso dallo strumentista stesso.
Vibra l’aria sostenuta dai muscoli su cui si ripercuotono le sue micro- variazioni di velocità, attraverso gli stimoli di maggiore o minore intensità di insufflazione di flusso aereo che potremmo definire “esecutivo”. Un vibrato sbagliato può essere oltremodo dato da movimenti ritmici labiali, oltre che dai movimenti ritmici dei muscoli costrittori della faringe; bisogna pensare a movimenti solo aerei e mai muscolari nelle esercitazioni, per abituarsi a dei movimenti reattivi muscolari che diventeranno naturali nel corso del tempo.
I muscoli vocali devono reagire ma non agire, bisogna pensare solo all’aria che crea movimenti di variazioni ritmiche, sia nel vibrato che nello staccato a “colpi d’aria”. In realtà, le energie muscolari usate per sostenere i suoni a reazione delle resistenze che l’aria immessa negli strumenti a fiato genera con la pressione atmosferica, sono così esigue da non creare nessuna coscienza su di esse.
La coscienza che si deve generare nel vibrato deve essere legata ai movimenti che si compiono nell’espirazione sul fiato stesso e sui consueti muscoli che si adoperano, quali: costali, diaframmatici, addominali, della lingua, della mandibola e labiali. Anche durante l’inspirazione e l’espirazione i muscoli vocali agiscono ma a noi resta solo la sensazione dell’aria inspirata o espirata!
I muscoli vocali che agiscono nel sostegno del vibrato aereo sono quelli propri della respirazione che risultano essere in maniera maggiore i muscoli detti cricoaritenoidei laterali (funzione espiratoria) e cricoaritenoidei posteriori (funzione inspiratoria), che regolano l’espulsione del fiato e la sua immissione polmonare. La loro azione avviene naturalmente già nell’atto dell’inspirazione e dell’espirazione.
Il senso del moto muscolare a cui siamo abituati nella normale fase espiratoria risulta modificato durante l’emissione del suono negli strumenti a fiato e, ancora maggiormente nel vibrato e nello staccato “sostenuto”. Se pensiamo di agire in maniera diretta sui muscoli della glottide, durante l’emissione delle varie dinamiche sonore negli strumenti a fiato, rischiamo di agire su quelli negativi che creano costrizione. Una sorta di micro-pulsazioni aeree, dunque, quelle del vibrato, che vengono sostenute e favorite dai muscoli vocali, con regimi energetici minori di quelli deputati alla fonazione vera e propria.
Procediamo ancora nell’analisi dei movimenti laringei trattando le esecuzioni di variazioni dinamiche dal piano al forte e viceversa: negli esperti le variazioni dinamiche di suono vengono eseguite con una maggiore chiusura della glottide, rispetto ai principianti. Dal piano al forte la glottide tende ad aprirsi, se si apre troppo il suono tende ad essere spinto e crescente di intonazione nel flauto traverso.
Viceversa, dal forte al piano, la glottide tende a restringersi, ma se si mollano le labbra e la tensione dei muscoli respiratori costo-addominali, ossia quelli che regolano la corretta respirazione diaframmatica per intenderci, i muscoli della glottide tendono a collassare per mancata energia aerea insufficiente non riflessa su di essi. Il suono che ne viene fuori risulta calante e senza sostegno.
Per fare in modo che tutti possano comprendere: il suono si affloscia come un muscolo che decade dalla sua tensione. Il nostro muscolo sonoro, volendo essere metaforici, è dato dalla corda aerea che si genera tra la pressione atmosferica, i tubi degli strumenti e i muscoli veri e propri che la generano e sostengono. Nel suono forte con spinta c’è un aumento di intensità del flusso aereo con carenza di velocità necessaria per il suo sostegno, il suono tende ad essere non intonato.
L’aumento spropositato di intensità di flusso aereo, rispetto al suono da sostenere, comporta una mancata energia adeguata in velocità atta a creare delle pulsazioni aeree regolari rispetto al suono emesso. Nel piano, invece, una diminuzione dell’intensità del flusso in un mancato sostegno muscolare atto a controllare una diminuzione di velocità dello stesso, tende a portare i suoni ad essere calanti di intonazione nei registri medio-gravi e, a perdere l’altezza tonale nei registri medio-acuti.
Trillo: durante l’esecuzione di un trillo le corde vocali appaiono molto ravvicinate tra loro. Le variazioni di velocità delle pressioni aeree che si riflettono sui muscoli vocali sono molto vicine, l’elasticità delle corde vocali nel trillo come nelle variazioni dinamiche del suono sono a mio avviso fondamentali e possono addirittura influire anche sull’aspetto prettamente tecnico di velocità delle dita stesse.
Un trillo e un diminuendo vanno sostenuti, una mancanza di sostegno muscolare tra labbra, muscoli costo-addominali e vocali, può influire, secondo me, sulle corrette o scorrette tensioni dei muscoli delle dita! Il nostro organismo nel suo sistema nervoso e muscolare tende a reagire in sincronia con mancate tensioni o troppe tensioni di parti del corpo che possono riflettersi in maniera che definirei percettive su altre, durante lo svolgimento di un’azione.
Un trillo, prodotto da movimenti digitali sul flauto, se non sostenuto a livello muscolare respiratorio in relazione a velocità aerea corrette da applicare alla produzione del suono, potrebbe dare a livello psicologico e in alcuni strumenti prettamente sensibili, la sensazione di un collasso di movimenti anche digitali.
I problemi con cui si scontra lo strumentista a fiato, solitamente, sono tre:
- Le diverse temperature delle colonne aeree che interagiscono nella produzione del suono (ossia quella che proviene dai suoi polmoni e quella esterna che si contrappone ad essa, con stati di tensione muscolari variabili dati dalle diverse altezze tonali e timbriche da realizzare).
- I gradi variabili di tonicità dei muscoli della respirazione e labiali dati dal loro corretto allenamento e che supportano le relative reazioni da parte dei muscoli vocali, anch’essi legati a gradi di tonicità diversi nel sistema di produzione del suono tra esecutore e strumento.
- Le azioni negative date dai muscoli costrittori della faringe nella produzione sonora e nella tecnica generale negli strumenti a fiato.
Il famoso “chiudere la gola quando si suona” nasce, a mio avviso, dalle sensazioni di voler trattenere l’aria che finisce velocemente nei principianti e non solo, non avendo ancora sviluppato un corretto uso dei muscoli labiali e respiratori nel suo dosaggio, durante la produzione delle varie altezze tonali.
La problematica della “gola chiusa” se non ben inquadrata e risolta sin dal suo esordio, diventa un difetto che può protrarsi per molto tempo.
In pratica quello che accade nella laringe, nella faringe e alle corde vocali quando si suona uno strumento a fiato, deve avvenire in maniera conseguenziale ad azioni coscienti attive solo sui muscoli costo-addominali e labiali, nonché alle variazioni di aperture e chiusure del cavo orale attraverso i muscoli della base della lingua e della mandibola nelle variazioni di altezza, intensità e timbro dei suoni prodotti.
Tra gli esercizi specifici sulla condotta del fiato che portano le corde vocali a diventare elastiche tra un uso cosciente delle labbra e dei muscoli costo-addominali, nella regolazione della corretta velocità del flusso aereo in entrata nel tubo del flauto in relazione alle singole note da emettere, troviamo in primis i colpi d’aria.
Liberamente tratto dal libro: Marco Gaudino, Suono pensando, ed. Lulu, acquistabile su Amazon
Nel respiro degli strumenti a fiato: Sintesi di una ricerca (Italian Edition)
Marco Gaudino
Flauto e scienza | Suono Pensando di Marco Gaudino
Flautista e ricercatore napoletano, docente di flauto MIUR.
Accanto alla carriera concertistica e didattica, ha intrapreso studi sul comportamento e il ruolo delle corde vocali nelle tecniche flautistiche e degli strumenti a fiato, supportato da diversi foniatri italiani. Può essere considerato tra i primi ricercatori musicali in Italia.
Autore di saggi e trattati sull’argomento: “Nuova ipotesi sulla produzione del suono nel flauto traverso” pubblicato nel 1991 da Flavio Pagano e nel 2019 da Lulu, “Suono Pensando” ed. Lulu. Tiene seminari in vari conservatori e facoltà di musica in Italia e all’estero. È autore di un software per l’insegnamento del flauto e di un dispositivo che ottimizza la qualità del suono del flauto.
Docente di flauto presso il Liceo Musicale F. Severi di Castellammare di Stabia (NA), è alla ricerca di un’istituzione AFAM italiana che possa ospitare la sua ricerca nei nuovi dottorati italiani, al fine di darle un significato istituzionale e pienamente scientifico.

